I gesti contano

Torino – Amiche mie – Settembre 2006

La masturbazione intelletuale proprio mi irrita. Al pari di certe disquisizioni impegnate alla ricerca della coerenza assoluta.

Io preferisco pane e salame.

E l’amicizia, la complice amicizia, quella per la quale i gesti contano. Più di ricamate parole.

Dura

Torino – Scarpette – Settembre 2006

Ascolto Tenco. Che, appena s’alza il mare, gli uomini senza idee, per primi, vanno a fondo. Vorrei esprimermi. Cacciar fuori idee. Sempre che non stia già annegando. Il concetto, invece, quello si, c’è l’ho, ben chiaro, nella testa. Ma fatica a scivolare sui tasti. Signora maestra, davvero, glielo giuro, ce l’ho sulla punta delle dita, le parole. Quelle appropriate alla circostanza. La prego. Non mi dia 6– L’impegno ce l’ho messo. Ho studiato, davvero, come un matto. Per tutta la vita l’ho fatto, notte e giorno. Non dica: l’amore è volatile. Eterea presenza. Il potenziale c’è. È che si distrae, il ragazzo.

Come ora. Che mi sento un cacciatore di farfalle dal retino bucato.

Eppure, eppure, cazzo, mi sento in formissima. Pronto a scalare la montagna più alta che c’è.

Mi specchio. E Cenerentola non c’è. Dura, la mancanza di idee.

Ricreazione

Ustica – Fico d’India – Agosto 2006

ricreazione

per sentirsi un po’ meglio

una merendina

al gusto di cannella

ed una lunga sorsata di birra

la prima come fosse l’ultima

figliola

confessati

hai peccato?

scusa

l’ikea del sesso

chiude

per stasera

solo

sigarette

al self-service.

Certo che, alle volte, ci provo proprio gusto ad essere surreale. Ecchetrepppalle se no!

Bellezza

Mare – Gocce – Agosto 2006

C’è tanta bellezza, in giro. Dappertutto.

C’è bellezza nel saperla cogliere, la bellezza.

C’è, benedetta, una bellezza speciale. Da stordirti. Una bellezza di pancia. Quando la incontri, poi, passi tutta la vita a ricercarla.

Non v’è bellezza

in chi non ha il coraggio di crederci

in chi non ha mai stretto la mano alla follia

nella nebbia senza contrasto

in chi non la riconosce se non omogeneizzata

in chi si racconta di essere, come un manichino

nella mancanza di stile di chi è di moda

in chi viene da te e ti dice «passavo di qua, un saluto, bella foto, vieni da me»

in chi ha sempre un consiglio da darti

nella distruzione di un albero

in chi copia pur di scopare

in quelli che «che palle!»

nella volgarità di una luce al neon

in chi non scava e non viene scavato

in chi non sa giocare al temporale

nella puzza di morte

in chi c’è solo lui e la sua religione

in quelli che «si fa, si dice, ci si comporta»

nella faziosità del supermarket della politica

in chi non sa proteggere gli occhi di un bambino

in chi non sa ridere e non ha mai indossato un naso da clown

nell’aridità di chi non ha mai pianto

in colui che, leggendo questa lista, ha pensato «io no».

La classe è bellezza.

La bellezza è acqua.

Ehi, you. Hai voglia di regalarmene qualche goccia, di bellezza?

Ecco, io, ora, ho proprio voglia di farmi una doccia, lunga lunga, con brivido.

Magari, dopo, mi sentirò “Un uomo”…

A Oriana

Sfogo

Ustica – Paracentrotus Lividus – Agosto 2006

Pane e funghi. Nirvana nelle orecchie. Ultimo sole. Sfogo. Una siga, rollata stretta stretta. Ma porcaaa! C’è o non c’è un perchè? Sempre che, un perchè, debba, necessariamente, esserci. Un quando, al suo posto, ora, ci starebbe meglio. Quando tornerò a te? Si, magari è solo quello che, ora, mi rende irrequieto. La mancanza. Della serie che è meglio chiudersi, a riccio, in questi casi. Per non far male. Irrequieto e non ne so bene il motivo. Voglia di mandare dei vaffanculo, per raccomandata. Ma senza ricevuta di ritorno. Voglia di pungere. Voglia di urlare. Energie che si accumulano dentro e, beh, si, capita, poi, che hai voglia di spararle fuori. Sfogo. Fogli sparsi attorno. Libri iniziati, troppi. Mani che si intrecciano. Corpo nudo. Che cammina da fermo, vestito di elettricità. Aculei nelle dita. A provocare. Fermati. Un’altra, di goldenvirginia, mi sfuma tra le dita. Fermati. Chiudi gli occhi. Spegni ‘sto cazzo di computer. Sposta il baricentro. Muoviti. Fermati e, poi, muoviti. Lasciati entrare più musica. Pietre rullanti. Respira, Mic, respira. Esci. Sfoga. Ti.

Mi metto una camicia, qualsiasi. Alzo lo sguardo al cielo. È ancora blu. Afferro le chiavi, il casco e la mia tensione per il collo. Un costume nello zaino. Slancio. Mi slancio su per le scale. Accendo la mia magrittina, 600 cicì da bruciare sul lungomare. Partiamo. Arrivo.

Quindici minuti e sono già sull’orlo dello scoglio. Poi è solo acqua. Sopra, sotto, dentro. Libero, nello stile, mi fondo.

Infine. Risalgo. Battito veloce. Che, nel tempo, rallenta. Finalmente. Inizio a sedimentare.

(Però, quanti belin di moscerini ci sono, sulla riva, al far della sera!)

Riposa stellina

A Sandra

Nooo.

Sarà che già stasera, di mio, mi sentivo alquanto fragile. E frullava, nella mia testa, l’idea di scrivere di sensibilità. Un dono tanto prezioso quanto maledetto. Sarà che avrei voluto farlo scavando un po’ dentro di me per cacciar fuori quell’ironia che troppo spesso manca alle mie parole inchiostrate, contrariamente a quelle parlate. Sarà che, ultimamente, ciò che mi affascina di più è l’amore per la vita, tipico delle persone che hanno saputo inseguire le proprie passioni. Con semplicità.

Sarà che, poi, mi metto a leggere due o tre blog e, tutti, in maniera diversa, raccontano della sospensione della vita.

Allora, ogni sorriso, ogni facile ironia, ogni bischerata, vanno a farsi benedire.

L’ultimo, di post. Che ho letto. Merda! Mi fa crollare. È dedicato ad una ragazza, Sandra, ventisei anni, una giovane biologa marina che oggi è volata tra le stelle. Poco importa se è la ragazza che ho avuto la fortuna di conoscere la sera di un anno fa. La stessa che mi ha appassionato alle meraviglie del mondo marino. Piango. Piango. Altro non so fare.

Ora provo solo rabbia e mi sento farfalla. Domani è un’altro giorno. Ed il mare sarà un po’ più salato.

Riposa, stellina, riposa felice nel tuo sogno blu. Verrò a salutarti, là sotto, alle radici del monte.

E uno

Sanremo – Ripiego il genoa – Settembre 2006

E uno! Un anno oggi. Da quando iniziai, per gioco o per necessità, questo debbo ancora intenderlo, a scrivere su questo blog.

365 giorni trascorsi a surfare dentro i miei desideri e dentro questa costellazione di anime. Con rotte alterne.

Spiegai le mie vele un martedì sera e, lo ricordo bene, v’era, in me, infinita curiosità per il mare che avrei affrontato nei mesi a venire. Il diario di bordo delle mie riflessioni riporta, con puntigliosità, le ore e le condizioni di ogni partenza e di ciascun atterraggio. Sono 133 le volte in cui ho strizzato la spugna delle mie sensazioni su questa pagina. Gocce di speranza.

Ho amato, grazie alle meravigliose creature che ho incontrato durante questa navigazione. Ho vomitato anche. Senza trattenere. Sopra tutto ho messo la firma sulla mia rinascita creativa, ricominciando a fotografare per il solo gusto di. E, poi, acciderbolina, ho iniziato a scrivere e scrivermi, ondate di parole. Nel tentativo di esprimere le mie emozioni senza vergogna. Nella certezza che, tra anni, ci sarà qualcuno, a me caro, che potrà riviverle.

C’è, infatti, in me, il desiderio di lasciare un segno, nel tempo. Di essere riconosciuto per quello che sono. Nell’inchiostro che ho evaporato qui, in un anno, è nata l’idea di far proseguire il disegno del mio diennea oltre lo spazio limitato di un corpo che, necessariamente, morirà.

Ciampagn, per brindare ai sorrisi del vento che mi ha accerezzato. Travolto. Vissuto.

Si. Sono orgoglioso. Proprio tanto. Di me e di voi. Che ho trovato. E mi scuso se, per una volta, mi rivolgo direttamente ai lettori, abitudine che, generalmente, non apprezzo in chi scrive. Esagero. Per questo post-pezzo, credo, risponderò direttamente a tutti coloro i quali mi regaleranno un commento. Follia. Stra-esagero. Per ciascuno cercherò, con calma, un’immagine che mi ispiri. È ovvio… Sono promesse di marinaio, queste. 😉

Ora. Ora ripiego il genoa, la vela di prua. Per riporla in un sacco. Pronto, certamente, a spiegare una nuova vela, più performante e sensibile, da issare dopo questo primo giro di boa. Non so dove mi condurrà ed è irrilevante chiedermelo. Il solo essere per mare mi dona vitalità. E necessità di scoperta. In testa al mio albero una voglia, immensa, di sorprendermi. Sempre.

Questa frase l’ho appena letta da un’amica e mi piace talmente che la faccio mia: “Ossigeno che viene dal mare. E spara dritto al cervello.” Questo è il mio oceano blog. Dopo un anno.

Guardo oltre. Al desiderio di lenzuola stropicciate da lambire. Alle luci nella notte. A me.

Michele

Invela

Calvi-Sanremo – Marta dei tursiopi – Settembre 2006

Armonia.

La vita è bella.

Quando v’è armonia. Senza ansia. Tra i membri dell’equipaggio. Le persone che, sotto la guida sicura di Marta dei tursiopi, solcano le onde del Mediterraneo alla scoperta, ciascuno, delle proprie radici. Le radici che nascono dal mare. Come la vita del pianeta.

Invela ho bevuto, per giorni, molta dell’essenza del mare. Invela ho brindato alla sospensione dei pensieri, con chi c’era e con chi, sfortunato, non ha potuto condividere i tuffi del sole nel mare, fino all’estrema percezione del raggio verde, accogliente frutto saporito di benessere. Invela ho assaporato il silenzio delle onde ed il battito degli abitanti del nostro mare, invisibili agli occhi di coloro che non sanno vedere.

All’inizio era una porta, appena socchiusa. Una sventolata di Mistral l’ha aperta. E siamo salpati. Conoscendoci in armonia. Senza alcun intento di soppraffazione. Con noi. Un paio di occhialini, qualche maglietta e la crema per non scottarsi. Dentro. Solo il desiderio di seguire i gradi della nostra bussola, accarezzata dagli spruzzi di vento bagnato, unica calamita, temporanea ed al presente, da seguire.

Non serviva chiedersi se aprirla, quella porta. Oppure no. Bastava entrarvi. E tuffarsi nel blu.

Ora, impresso nella mia mente, è il pulpito di prua che riflette i miei desideri, senza tempo.

Armonia.

La vita è bella.

Quando v’è armonia. La vita non attende chi rimane a terra. Chi non sa vedere. Per incrociare le rotte dei delfini.

Di di si e nel mare rinascerai.