Prova. 123 prova. Provo a scrivere avendo tutto e niente da dire. Senza sapere se prevarrà il primo opp
È il caso di farci due chiacchere…
Dialogo semiserio tra me medesimo ed il mio blog.
– No, dai, caccia fuori, Mic. Che ti succede? A me puoi dirlo.
– Ehi, caro il mio blog, ma che sei diventato scemo? Ti pigli certe confidenze. Ora pretendi… Ecco. Tu pretendi. Che, lo sai, sono solo quattro mesi che ti conosco.
– Non mi sembra poco. Non è che, per caso, mi stai tradendo? Non è che ne hai aperto un’altro, di blog, più giovane e sensuale di me?
– Ma daiiiiii. Che minchiate vai scrivendo?
– Mi fai soffrire, uffi.
– Fai poco il vittimista, sai, che, se mi gira, io ti mollo in 4e4otto sul serio.
– Come? Mica mi puoi lasciare qui, a metà. Che, l’hai detto tu: “cento, mille di questi blog”.
– Si. In effetti, hai ragione. Le promesse non sono fesse.
– Bene. Ecco. Ed allora scrivi, Mic. Scrivi la solita solfa che parla di vita, di emozioni, di.
– È qui che ti volevo.
– In che senso?
– Nel senso che, ora sparo, è da un po’ che volevo dirtelo.
– Dirmi cosa?
– Sicuro che… Ti conosco io, caro blog, lo so che sei permaloso, giurin giuretto che non ti offendi?
– Promesso.
– Ecco cosa volevo dirti. Che mi stai diventando troppo serioso. Di ironia neanche l’ombra. Da un bel po’ di tempo.
– In effetti.
– Si, insomma. Io vorrei scrivere belinate, cose divertenti, fregnacce. Le stesse con le quali burlo mi burlo ogni giorno.
– Ma non siamo la stessa cosa, io, il blog con aspirazioni letterarie e tu con la tua vita ordinara e scanzonata. Non fare confusione, Mic.
– È qui che ti sbagli.
– Spiegati.
– Mi spiego. Quando ho iniziato a scrivere il motivo principale stava nel desiderio di raccontare, a futura memoria, la mia vita corrente. Senza filtri. Ed, inoltre, c’era in me, fortissima, la necessità di liberare tutti quei tappi che mi impedivano di godere appieno dei sorrisi della vida.
– E non l’hai fatto?
– Spesso si. Spero abbastanza. Poi, però, è da un sacco di post che accade, ho tirato fuori sopra tutto il mi lato più sentimentale e, forse, più intenso. Quasi melenso. A scapito, come ti ho detto prima, di quello irriverente e scanzonato.
– In effetti. Però vedo che funziona. Si, funziona a scrivere di mare, carezze, dolore, rabbia, amore, vento. E sogni.
– E chi se ne frega se funziona? Mica ci faccio le palanche con te, sai, mio bel blog!
– Il solito taccagno, Mic.
– Macchè taccagno, sei tu, bloggaccio mio, che mi sputi in faccia i tasti ogni volta che tento di raccontarti una barzelletta. Ogni volta che vorrei giocare un po’. Così, tanto per.
– Sarà…
– È…
– Però…
– Però cosa? Te lo scrivo qui. Dovrai abituarti. Che, a me, piace l’etereogenità. Cambiare. Perder lo stile e trovarne altri. Mettermi in gioco. Scoprire strade nuove. Creare.
– Ti sfido, Mic.
– Accetto, dai. Almeno, ci proverò. A farmi una flebo di ironia e tornare a scrivere anche con spensieratezza. Quel che passa per la mia crapa pelada.
– Sai che ti dico? Che, in fondo, mi fa piacere. Che, a pensarci bene, il vestitino di miele cominciava a starmi un po’ troppo appicicato.
– Non ti preoccupare, comunque. Che la vena poetico-intimista non l’ho perduta del tutto. Prima o poi ritorna sempre, come l’irpef.
– Salutiamoci, allora. E, quasi mi dimenticavo, amico mio, tutti bene a casa?
– Si si. Grazie. Dai, una piccola confidenza te la faccio, che, forse un tantino l’avevi già intuito… Ho incontrato una certa ragazza. E. E sai come vanno certe cose, no?
– Arghhhhhhh. Unz! hj4?!!k##88e37hTTmavaff#ççòò@@+è*W!!! Lo dicevo io!
– Cosa? Cosa dicevi?
– Che mi stavi tradendo, Michelaccio d’un Michelaccio. Per dinci! Sei proprio un ragazzaccio. Non mi faccio da parte, no. Starò a guardare, comunque. Che mica mi faccio i post miei, io. Ti terrò d’occhio.
– Lo so. Ahimè, lo so.
– Bene e non fare sogni troppo rossi di peperoncini, stanotte, mentre sto qui a grattarmi i pixel. Io. Io che non vado mai a dormire. ‘Notte, veccho Mic.
– Buonanotte a te, giovane blog. Clic.