
A noi che siamo fatti d’acqua.
A noi che domani ci berremo.
A noi che siamo specialmente noi.
Riflettiamoci.
A noi che siamo fatti d’acqua.
A noi che domani ci berremo.
A noi che siamo specialmente noi.
Riflettiamoci.
Sono un bambino. Ho otto anni ed un bisogno immenso di comunicare. Della mia innocenza, dei miei entusiasmi e delle mie lacrime. Guardami ed avvicina delicatamente le tue mani alle mie. Debbo sentirle, palmo a palmo. Sudore su sudore. Per essere certo che tu sei e sarai il mio rifugio e non la mia spada. Che mi capirai e sarai in grado di guidarmi, raccontandomi della vita e dei suoi fiumi. Non sgridarmi, no, se puoi, per piacere. Non farlo anche se non ho obbedito ad un precetto o non ho confessato, al prete, dietro quella prigione di legno, che ogni tanto mi tocco per esplorare il corpo che mi avvolge incuriosito dai primi stimoli che lo percorrono. Che, pure, quel porco avrebbe voluto sapere. Ascoltami. Si. Ascoltami quando gioco e quando studio e quando dormo e quando corro e quando sono stanco e quando ti corro incontro. Non dirmi che sei stanco, tu, che hai cose più serie da fare. Sappi che ne soffrirei tutta la vita. Ecco, si, è proprio così. Vedi, ogni qual volta tu non mi abbraccerai o, peggio, non ci sarai, a darmi la buona notte, sarà una frustata sul mio giovane cuore, un danno perenne che farò pagare ai miei miei simili quando sarò grande. E non sognarti di percuotermi. Anzi. Riparami da ogni violenza. Abbracciami e proteggimi. Proteggimi e comprendimi.
Frantumalo in mille pezzi, adulto, questo vetro di incomunicabilità che ci separa. Accoglimi ed io accoglierò la vita.
A.A.A. Cercasi femmina. Basta che respiri
mare
Qualche info, di servizio, scriviamo così. Per fare il punto. Alquanto esclamativo.
1) Da qualche ora è nato Giorgio, il mio nuovo cuginetto. Brindisi al lieto novello ed al suo futuro che, se si usasse ancora, allo stadio di Marassi, mi piacerebbe che l’annunciassero al megafono, come si faceva un tempo, prima dell’inizio di una partita di calcio. «È nato un nuovo genoano…». «Auguriamogli che possa vedere il Genoa conquistare almeno un nuovo scudetto, nella sua lunga vita.» aggiungerei io, cornutazzi permettendo. Piccolo Giorgio, la mia mano, accogliendoti, ti proteggerà. Te lo prometto.
2) Ho rinnovato in parte, il mio situzzo, aggiungendo molte immagini, alcune delle quali nate tra queste pagine: ioweb.it ::: emozioni in movimento. Sarà decisamente autocelebrativo, tutto ciò, ma, sinceramente, me ne batto il piripacchio. Il blog è mio e me lo gestisco io.
3) Grazie a Mimijoy ho scoperto che, incredibile incredibile (!!!), è possibile farsi un backup, con pochi clic, del proprio blog, commenti compresi, nel caso, si sa mai, che alla signora Splinder, maritata Dada, venga un coccolone. Il sistema utilizzato è WordPress. Vedere per credere: respiromare bis, aggiornato a ieri. Chi pensasse di chiedermi come si debba procedere stia fresco. Leggersi posologia ed avvertenze qui: www.terenzani.it.
4) No Giorgio, no party. Tra una mesata circa, il 17 dodici, vorrei combinare una cosuccia. Non sarà certo la splidernait però, quasi quasi, mi viene su un’idea, che mi garberebbe assai realizzare. Organizzare una festicciuola in campagna, dalle parti di Genova, ed invitare, oltre ai soliti noti, qualcuno dei pazzerelli che si trova a transitare, più o meno spesso, tra queste pagine. Chi fosse davvero interessato lo dichiari privatamente o pubblicamente, nelle prossime 36 ore. Senza forse. Solo si o no. Orchi, odalische, ricchi post e cotillon assicurati. Perditampax astenersi.
5) Non ci sono più le mezze stagioni, le mezze misure e le mezze maniche. È l’una e mezzo ed io mi sento a mezzo con una mare di idee. Sono mezzo stanco ed il bicchiere è mezzo pieno. Scriverò, quando sarò grande, un romanzo ma, già lo so, sarà un mezzo fiasco. Mal che vada me lo berrò. In mezzo ad all’oceano. Mi auguro solo una cosa. Che, insieme a me, non vi sarà una mezza donna.
6) Dopo questa riga di cazzi miei mi infilo sotto il piumone e. E. E mica lo vengo a dire a te, se mi toccherò o se sarò toccato… Spero che il risveglio sia un toccasana, con aroma e qualche cubetto di sole. Gudnait.
7) Azz. Quasi me ne dimenticavo! Le lesson namber tciù, namber frii e namber for, in riferimento al precedente post, le trovate qui. Talvolta sono proprio un copione. Porco rastrello!
Lesson namber uan: prendersi sul serio, sempre.
Era un uomo qualsiasi, il signor Lino Fasez. Perfettamente mimetizzato nella sua divisa da omino di Magritte. Senza bombetta, però. Lo si sarebbe tranquillamente potuto definire il bravo cristo della porta accanto. Un ordinario sempre cordiale. Buongiorno e buonasera. Mai una calzino fuori posto. Con poche sfumature. Di quelli che «È una così brava persona» e, in rari casi, «Un serial killer? E chi se lo sarebbe potuto immaginare?» esclamerebbe sbigottita la vicina intervistata con bigodini. Un fantasma, praticamente. Da 1227 euro al mese + corso d’aggiornamento sui regolamenti interni. Senza età. Senza eccessi. Senza sogni, se non in comode rate. Poi, quel giorno… Era una mattina come tante, dietro a quella sua scrivania affollata di numeri e di pixel e di fretta. La giornata sarebbe scorsa fuligginosa e senza particolari sorprese, a parte una mosca rompipalle. La sera, come sempre, talkshow al plasma avrebbero tranquillizato la coscienza del signor Fasez, in un minestrone che, qualsiasi ingrediente ci mettessi, il sapore sarebbe stato lo stesso. Un po’ surgelato. Un po’. Si, un po’ tutto e un po’ niente. Via il condizionale. E torniamo al… Cos’era? Passato? Si. Ma alquanto imperfetto. Avevamo lasciato il signor Fasez seduto sulla seggiola girevole del suo ufficio. La giacca appoggiata sulla spalliera, la cravatta slacciata quel tanto. E così via. Si era già sorbito la consueta dose di spam umano e disumano, quella mattina, quando, cliccando dentro un’email scrittagli con caratteri colorati, d’improvviso, finì dentro un sito che gli presentò un’accozzaglia di fregnacce scritte ed immagini. Nello scorrerle provò un lieve senso di benessere. Si sbottonò due bottoni della camicia. La cosa insolita, pensò, era che volevano vendergli niente, dentro quel sito. Con un residuo di diffidenza continuò, con sempre maggior curiosità, a cliccare, scrollare e cliccare. Poi vide un’immagine che lo colpì. Vi era una spiaggia, il mare, qualche gabbiano a casaccio. Ed un aquilone, in decollo verticale, sospinto dal vento e dalle braccia di un uomo. «Ma porca paletta!» esclamò «Quell’uomo sono io.» Ingrandì la foto. Si, si. Era proprio lui. Allora appoggiò, prima un dito, poi entrambi i palmi delle mani, premendoli appena, sul vetro del monitor. Si senti assorbito. Di più. Risucchiato. Completamente. In un baleno venne aspirato, a forza, da quell’arco di leggerezza. E si ritrovò coi piedi nudi e bagnati dall’onda. Vento in faccia. Sorpresa dentro. Era diventato energia, solida e pura energia umana, traformandosi nel suo inconsapevole sogno a colori. I suoi pensieri in un aquilone. Senza un filo di incertezza lo seguì. Assassinò le sue bonacce, con seriale tenacia.
Clic. Clic. Sono irrequieto. Indietreggio. Cazzeggio. Abbozzo. Son tutto un singhiozzo. Avanzo. Mi alzo. Un filo. Da terra. Oh bella! Agguanto una bolla. Di sapone. Si squaglia. Canaglia. In palmo di mano. Ballo. A ritmo di ska. Il tempo barcolla. Stallo. Mi specchio. Mi sento insabbiato. Frugo.
In tasca trovo solo una modica quantità di illogica allegria ed un biglietto aereo stropicciato.
Fly, fly, up, up, flap, flap. Frrrrrrrrrrrrrrrr
Rallentyyy. Caaaaaaalllmaaaa. Luuuungooo reespirrroooooo. Mi scolooo un Cynar. Muooooovo le aaaaaali. Decollllllooo. Mi liiiiibrooooooooo su su su suuuu e vadoo a viiiirrarrrrreeeee.
Correnti ascensonali e silenzio ad alta quota. Vualà. Trattasi di ribaltamento della prospettiva. Alla sprovvista. Cielo, mi rifletto nel mare.
Non amo farmi influenzare. Aborro le mode. Ho notato, con curiosità mista a scetticismo, questa mania di inserire video di YouTube all’interno dei blog. E, oggi, cazzo, oggi, lo inserisco io.
Leggendo le news del Corriere, mi si è scaraventata addosso questa notizia che, in un battibaleno, mi ha commosso. Si tratta di un, non so come chiamarlo… diciamo “movimento emozionale” che ha preso spunto dall’idea di un qualche folle. D’altronde, il mondo, se possa evolvere, in meglio, è una circostanza che non può fare a meno dell’opera di qualche individuo che abbia il coraggio di stravolgere e sovvertire la quotidianità con azioni che spiazzano, regalando una prospettiva inconsueta. È un virus, l’abbraccio a fondo perduto, quello che ti contagia, nel vedere questo video. Che ha il potere di cancellare, senza preconcetti, la grigia melma di espressioni tristi che scorre, con flusso regolare, troppo regolare, lungo i marciapiedi delle nostre città. E allora, forza, comincio io, con o senza cartello, ad abbracciare chi incontrerò, oggi, domani e chissà fino a quando. Senza un perchè. E fanculo alla diffidenza.
Abbracciamoci, si, ora. Tu.
Di un abbraccio
necessariamente reciproco. Con fragore.
Abbracciamoci senza paura.
Di un abbraccio
che scalda, viaggiando oltre.
Abbracciamoci, si, ora. Tu.
Di un abbraccio
che mi regali la tua gioia ed il tuo dolore. Con sberleffo.
Abbracciamoci senza regole.
Di un abbraccio
senza domande, di sorrisi.
Abbracciamoci, si, ora. Tu.
Di un abbraccio
che non mi aspetto. Che non ti aspetti. Con gusto.
È fame d’umanità, porca paletta!
Oggi, beh, mi sento una cassata, di idee. Da spararne, a raffica. Per questo ho tagliato una doppia dozzina di fregnacce brevi. Aforismi e pensierini. Allo scopo di stappare lo stomaco per far spazio a nuove molecole di inchiostro. Canditamente, comincio a sentirmi un tantinello più autocomico. Sarà la volta buona che, finalmente, inizierò a scrivere con quella vena di sadica allesangria con la quale mi piacerebbe poter sputare sul mondo? Controvento, sia chiaro.
01. Ho messo in lavatrice le tue parole colorate. Ne è uscita una farfalla.
02. Dì poco, o niente, se non hai succose torte da offrire. Ma che sia farina del tuo sacco. Non copiosa cocoina.
03. Era talmente spilorcio da girare in 126, ma con l’autista. Fiat buio.
04. Abbiamo un problema, serio, qui, a Genova. I genovesi.
05. È stato un flashback, rivederti, durante il passaggio dall’ora legale a quella solare.
06. Sono talmente brutto che lo specchio si appanna, al solo vedermi.
07. Sono talmente bello che lo specchio riflette il mio ego, al solo pensarmi.
08. Ho dato la trippa al mio gatto, per colazione. Mi ha miagolato che non c’era, storia.
09. Aveva talmente tanti sogni che, per sognarli tutti, si addormentò, non prima di aver spostato indietro, di un anno, le lancette dell’orologio.
10. La sua poesia è così dolce che, ogni mattina, il caffè, si scioglie, nel baciarle le labbra.
11. Ho cucinato, per cena, il coniglio con le cozze cosparso di liquirizia e fragole. Sarà per questo che, poi, ho sognato il centrosinistra?
12. Quando mi sorridi sudo marmellata e diventano coriandoli le parole che scrivo per te.
13. Mi sono tuffato per disperdere, tre metri sotto il livello del mare, tutte le lacrime che mi stavano affogando.
14. Ho paura. Di aver paura. Temo. Di temerti. Sogno. Di sognarti.
15. Il blog è il vento che percuote il soffione delle mie emozioni.
16. È venuto l’imbianchino. Gli ho chiesto di dare una ventata di nuovo alla mia anima. Mi ha risposto che ci vuole lo stucco, prima. Ci sono rimasto.
17. È venuto l’imbianchino. La sua donna è diventata rossa. È nata una rosa.
18. Rimasi senza parole. Me le aveva rubate tutte il suo silenzio. Allora le spedii un’email senza destinatario.
19. Il mio pc ha preso il virus dell’amore. Quando leggo il tuo blog il mio mouse si muove da solo.
20. Ho avuto un mancamento e sono inciampato nella tastiera, allorchè le tue dita mi digitarono: mi manchi.
21. Mi manca la mancanza di te.
22. Se un giorno ci incontreremo sarà una spanciata alcolica di risate e frotte di frutti fritti di mare.
23. Mi si è allagato il vano cuore. Di grappa al barolo. Ondeggiando barcrollo cercando un cerotto di sughero.
24. Ti vorrei clonare in un negroni, stasera, per bermela, tutta d’un fiato, la tua ironia.
25. Era così noioso che, nel dipingere la tela, vi rimase impigliato.
Mi fermo, satollo di vocaboli. Sta diventando un postaccio, proprio un postaccio, questo qui. Dedicato a chi sa. Andare oltre. Le cassate. Con evasione. Singhiozzo.
Giorni pieni di persone. Nuove persone. Gustosi drink della conoscenza. Rovesciati dentro la gola e addosso. Gongolo tra le scie di colore che sgorgano lungo percorsi paralleli. Sono le vite, le mille vite, di individui che vivono in modi decisamente differenti la propria esistenza. Per età, lavoro, passioni, famiglia, estrazione, cultura, desideri. Propensioni che, normalmente, non si incontrerebbero, se non all’infinito. Talora, tuttavia, accade la magia chimica. Che confluiscano. Ne nascono nuove sfumature, inimmaginabili, in partenza. Sorprendenti. Come alla festa di Halloween dell’altra sera, popolata da amici delle più disparate provenienze. Africa, Americhe, Asia, Oceania, Europa. Era il magnetismo della musica, e non solo, a far incrociare dita ed intenti che, ritmicamente, si sono mescolati dentro un lungo soggiorno adibito a dancing. Protensioni emotive senza maschere. Dopo la festa ciascuno proseguirà lungo i propri corridoi di quotidianità. A me resta la voglia di cocktail. Flussi di densa luce e bollicine d’anima. A colorarsi.