Ad accarezzarvele

Parlate parlatevi.

Ora, che il dolore è un po’ meno pungente, riesco a parlarne. Finitela, per piacere, di barattarvi cattiverie come muri di marmo. Cari i miei amati genitori, io sto male. Ogni volta che le vostre mani non si scaldano le une con le altre. Ogni volta che vedo quanto siete bravi a gettare nella merda gli splendidi doni, le fortune, le ricchezze, che la vita vi ha regalato. Ogni volta che piangete e soffrite per le parole mai dette e per quelle pronunciate con il solo intento di ferirvi. Anch’io soffro, come un cane, perchè vi amo.

Comunicate comunicatevi.

Non vestitevi di spilli, vi prego. Io, il grande comunicatore, adopero invano tutta la mia buona volontà per rasserenare l’aria pesante che respiro quando i vostri sorrisi sono celati da maschere di metallo che esprimono solo rabbia e tristezza. Ma quardatevi un po’ in giro, suvvia. Quanta gente c’è, a questo mondo, con problemi grandi ed irrisolvibili. E poi specchiatevi, l’una dentro l’altro, per asoltarvi. Solo ascoltate i vostri cuori ed ascoltate, attenti, le mie parole che vi ricordano quanto futili siano i motivi d’orgoglio che vi allontanano. Ogni giorno.

Disarmate armatevi.

Non fatevi del male. Mai più. Sorridete una buona volta con intesa. Cazzo! Provateci, provate, almeno una volta, a disarmare le vostre mani da posizioni di difesa. Ad accarezzarvele, come una volta. Armatevi di dolcezza ed umiltà. Ora. Ve lo imploro.

Quattro mani di blu

Ieri mi sono affacciato alla finestra.

Ed ho intuito che non era il caso di starmene a fumare rabbia al chiuso.

Ad incazzarmi coi bastardi tirapacchi del mondo.

Immobile nell’ombra dei vaffanculo.

Allora sono sceso al sole per rilassarmi.

E mi sono dipinto di mare.

Per affrontare gli ostacoli con più forza e tranquillità.

Quattro mani di blu sulla mia anima.

Oggi il colore è ancora fresco sulla mia pelle interiore, ma non lascerò che si asciughi.

Affatto.

All’ora di pranzo andrò in spiaggia, anche oggi.

Per colorarmi nuovamente, di energia bollecolare, in perenne movimento.

Voglio impregnarmi di tutte le sfumature del blu, fino ad invidiarmi.

Mani festarsi

Compleanno di Bac. Ieri sera, qui da me. C’era tutto, proprio tutto. Cibo, arte, vino, molto vino e complicità, un mare di complicità. Non ci si conosceva tutti ma era come se. Da una vita. Vite spese a creare, con pennelli e luce nei colori, nuove forme di essenza. Ancora un brindisi, dai, facciamolo a modo mio. Rispettando il sacro rito, quello di brindare alzando i calici e guardandosi fissi fissi negli occhi. E guai a chi non ci sta. Per mani festarsi. Pupille dentro pupille. Per entrarsi e bersi. All’ultima goccia. Grazie, amici, della pioggia di. Che dico? Pioggia? No no, la pioggia non rende. Ondate come muraglie d’oceano. Ecco. Grazie delle onde-calde-parole e della vostra fantasia. Inesauribili fino a sommergerci. Come le nostre risate, fotografate in mille immagini con retrogusto.

Solo che, ora, ad un giorno di distanza, sono pulcino. Tutto umido di voi. E non è bastato il sole di oggi ad asciugarmi delle emozioni crescenti che mi avete regalato. Come ogni volta. Si. Mi sento piccolo piccolo ed un po’ sperso. Perduto nel vuoto. Straboccante di vino-veritas e di vibrazioni tremendamente vitali. Faccio fatica a riemergere nella realtà di tutti i giorni. Nel bucato da ritirare, negli astemi estratti bancari e nella riunione di lavoro di domani mattina dove dovrò apparire necessariamente splendido. Per questo stasera bevo acqua e tento di evaporare per necessità. La vista mi si disappanna un poco e ci fissiamo, senza espressione, io ed il computer, faccia a monitor. Facciamo finta entrambi di concentrarci sull’agenda degli eventi di quotidiana utilità. Senza successo.

Allora me ne frego del domani e mi rituffo nel me vero e sono qui, a scrivermi. Brindo da solo con le mie parole che scorrono giù, per bacco. Ancora ancora. Ancora provo a fermare una serata, una delle più belle, della mia vita. Sono provato ad arte. Ma felice. Nuove tele da riempire ci attendono.

Manine corte

Quanto è dolce il caffé di un genovese?

A casa ci mette 1 cucchiaino di zucchero.

Al bar ne versa 3, anche 4.

Ma

a lui

piace

con

2.

Solo

2

cucchiaini.

Sia chiaro che questa è solo, esclusivamente e nient’altro che un’amara diceria.

Per dimostrarlo offro l’aperitivo a tutti, sotto la mia amata lanterna.

Spero che la dolcissima gazzosa vi piaccia.

E non chiedete mica altro, intesi?

Manica di esosi che siete.

E spilorci.

Belin.

Mordersi le mani

Scorre il film davanti ai miei occhi. Senza regia. Voglio memorizzarne la sceneggiatura. Per non inciampare in corridoi spostati ma, al contrario, capirne il senso. Sono sensazioni per nulla annacquate dentro densi bicchieri di barolo nel quale si specchiano i nostri sguardi che si incrociano in continue ragnatele di intesa. Suggestioni in bianco e nero, strong prospettive di corpi tonici che esprimono stati d’animo in mutazione. Le immagini non si fermano. Corrono. Senza inciampo. Si rincorrono sulla pellicola mai sazia di mani che giocano a rimpiattino, a cuscinate, a mosca cieca. C’è oscillazione negli atomi che si incontrano nell’aria satura di profumi. Poi, all’improvviso, con riflessione, il primo piano è un mordersi le mani per abitare gli eventi travolgenti che, a cento all’ora, viaggiano per strade senza semafori. Strade che non hanno bisogno di gru ed asfalto per srotolarsi verso noi. Quattro ruote motrici. Carosello. Ci camminiamo spugne mai sazie di vita. Con paure che si dissolvono nel mutare delle scene. E’ un piano sequenza di due giorni e mezzo. Una storia di assenza di pensieri. Pausa, respiro, punto non a capo. Chiudo gli occhi per vedere meglio e scorrono fotogrammi da set quasi felliniano. Tolgo il quasi. Con personaggi non protagonisti in cerca di qualcuno che ne ascolti solitudine ed unicità. E personaggi-autori, noi, assetati di liquidi organici, vivi per davvero, protagonisti di brindisi complementari a ripetizione. Nuotiamo finchè dura. Teneri pesciolini disegnati di luce ed intenti a risalire il fiume contro corrente. Contro le apparenze. Con quotidiana sorpresa. Non c’è il finale.

La mania dei fotografi

Mani di eleganza vestite.

Mani delicate, per me.

Manifestatamente invitanti.

Vibranti

le mani della mia amante

mi vibrarono.

Con attrazione e repulsione, insieme.

I fotografi hanno una mania. Ed un dono.

La capacità di cogliere prospettive celate ai più.

Ed io, modestamente, lo nacqui.

P.S. La libertà finisce dove inizia la maleducazione, l’acidità ed il giudizio senza conoscenza. Solo per offendere. Amo sacralmente la mia libertà e combatterò per la tua, se necessario. Anche se non mi piacerà sentirmi dire quello che mi dirai. E. Mi scuso, con bollino rosso, se qualcuno dovesse, oggi o domani, sentirsi turbato dalla mia libertà di espressione. Il mio intento, parola di lupetto, non è mai quello di offendere. Se mai volessi far male preferirei, di gran lunga, l’arma dell’indifferenza.

A mani nude



Salvo sassi e meteoriti ho voglia, per qualche tempo, di placarmi. Per comunicare con le mani.

Le mie e quelle che sentirò addosso. Con calore.

Diversi stimoli, accresciuti in questi giorni, mi spingono verso questo nuovo corso.

Una mano per aiutare, attraverso un’idea, piccole anime in cerca di carezze.

Una stretta di mano, dita dentro dita. Con grande intensità.

L’odio per il mani man, i manigoldi ed i maneschi.

Le mani dei miei nipotini che schiacciano pinoli.

L’ispirazione di una cara mano amica.

Le mani di Mapplethorpe.

Una mano per aiutare.

Le cose fatte a mano.

Il fallo di mano.

m

a

n

m

a

n

o

A mani nude. Inizio con la mia.