L’impero delle luci

Ustica – L’impero delle luci – Agosto 2006

C’è una dimensione dell’animo in cui la percezione trova equilibrio nel variare tra la luce ed il nero. In questo stato di narcolessia temporanea trovo il senso dell’esistenza.

È la visione perfetta nella quale un corpo offre, di se, sempre la medesima idea, a prescindere dalle condizioni di illuminazione.

Oltre mare.

Acque

Acque – Pieve Ligure – Agosto 2006

Mari interni. Calmi.

Poi.

Poi.

Mari esterni. Colmi. Agitati nel desiderio, irrefrenabile, di bagnare.

Poi.

Poi.

Arriva, prima o poi. Quando la nostalgia scavata dal vento si manifesta, in tutta la sua irrequietezza.

Arriva l’onda. Anomala.

Accarezza e poi morde.

Attraversa.

Le acque chete accolgono in loro, prima la vibrazione, quindi i primi schizzi, infine altre acque. Quelle agitate.

Sensazioni liquide che si compensano. Si mescolano. Si giocano.

Fluidificandosi.

Dentro.

Poi.

Poi.

Rimane solo la concentricità del riflusso.

Tendenza all’equilibrio perenne.

≈≈≈≈≈≈≈≈≈

Vivo la ricerca del sapore supremo, somma di variegati sapori parziali, come una meta in ciclica mutazione.

Allo scopo di farci sorridere.

Dappertutto.

Aspiro al completamento del cerchio. Una forma perfetta nella quale abbandonarmi come un feto felice di muoversi nuovamente dentro acque placide.

Evoluzione. Dall’acqua alla polvere e viceversa.

Stasera vorrei regalare quietitudine ed, invece, sono saturo di emozioni. Una doccia di gocce di pelle nella quale mi sento trasportare. Mi sento. Esageratamente vivo. Quindi.

Raccolgo, nelle mani intrecciate, il silenzio docile, quale eco di troppe parole. Mille ed intense parole che mi hanno bagnato di bellezza in tutti i suoi possibili riflessi. Sensualità che si trasforma in pace mentre, qua fuori, la luna, piena di luce, determina il travaso delle maree. Stasera è già notte.

Domani.

Domani.

Sarà nuovamente entusiasmo e forza. Basterà una notte a placare le acque.

Lo so.

Lo sappiamo.

Che sarà una rincorsa sensuale e suavemente folle al principale scopo di starsi bene. Per godersi a fondo, nel dolce gioco dei vasi comunicanti.

≈≈≈≈≈≈≈≈≈

Tre sono i tipi d’amore tra uomo e donna.

L’amore per ciò che il partner rappresenta.

L’amore per l’amore.

Entrambi sono rubinetti asciutti.

Il terzo. È l’amore per lei o lui. La persona e null’altro. L’unico per cui valga la pena di sognare e soccombere, se necessario. A questo amore io dirigo il mio ago, con centrazione.

Domani.

Domani.

Tutto sarà più chiaro.

Basta con le parole. È finito il loro tempo. È ora di partire, esplorare, senza fuggirsi. Al mare! Ai mari! Alla fluida vita!

Per rinfrescare le nostre labbra assetate.

Sfiorandoci a pelle, con calma, le nostre acque si colmeranno.

Domani è già oggi.

Acque – Pieve Ligure – Agosto 2006

La forza dell’onda

La forza dell’onda – Pieve Ligure – Agosto 2006

C’è uno stato di benessere totale che alle volte mi prende, con sorpresa.

Ho mai avuto una particolare dimistichezza con il nuoto. Sono abbastanza a mio agio nell’immergermi dentro il mare con una bombola e mi trovo ancora meglio quando navigo su uno scafo a vela, quand’anche la forza dell’onda avvolge il ponte ed il rumore del vento che la genera assorda ogni altro suono. Tuttavia, vai a sapere perchè ;), quando si tratta di stare a galla e nuotare, ho spesso avvertito affanno nel respirare, provando, di conseguenza, un certo senso di panico. Qualcosa di simile alla sensazione di vertigine con la quale lotto, senza troppi successi, da una vita.

Eppure, mi sono sempre detto: dov’è il problema? Forza Mic. Devi farcela. Respira, con calma. Respira e muovi le braccia. Lascia fluire l’acqua intorno a te e… Si, immagina di essere un pesce. Senza paura.

Un pesce, fino ad oggi, lo sono mai stato. Fino ad oggi. Quando, inesorabilmente attratto dalla bellezza dell’acqua, ho abbandonato i miei pensieri sugli scogli ed ho tuffato il mio corpo a soldatino dentro il blu che si muove sempre. Ho inspirato, espirato e mi sono lasciato dondolare dalla corrente avvertendo, da subito, una sorprendente mancanza di peso. Ho visto me da dentro ed era l’immagine di un danzatore nello spazio. Mi sono diretto, con la mia piccola macchina fotografica a tracolla, dotata di apposita custodia subacquea, verso l’onda. Per catturarne la forza.

Poi ho iniziato a far ballare braccia e gambe. Sono trascorsi cinque minuti. Poi dieci, venti… Ed ero ancora lì, perpendicolare all’orizzonte, a nuotare verso il largo senza alcun timore. Bellissimo, mi dicevo. Mai mi ero sentito così bene, a galleggiare tranquillo ed, altrettanto tranquillamente, a respirare, veramente, il mare. Senza fiatone, ho fatto l’amore col mare. Finchè non è giunta la sera.

Parentesi. A settembre dello scorso anno decisi che era il caso di imparare, una buona volta, a vivere e respirare (di conseguenza), con maggiore naturalezza, l’elemento della natura che amo di più: il mare. Intravidi, nel blog, una rotta possibile. Così mi inventai un nick ed iniziai a scrivere le mie fregnacce su queste pagine. Sai mai, mi dissi, che, a furia di leggere questa parola, respiromare, tanto evocativa per me, io riesca a mettere da parte le mie residue paure, vincendole come la forza dell’onda sa vincere ogni resistenza? Ecco la ragione di un nome. L’istinto del lasciarsi vivere. Chiusa parentesi.

La sera sono risalito a riva e, ascoltando Mozart, mi sono sdraiato su uno scoglio ad osservare le nuvole. Con l’incoscienza di un bimbo ho sorriso alla mia piccola impresa e mi sono addormentato, travolto da un’imprevedbile senso di pienezza. Lo squame, tuttavia, non è ancora spuntato sulla mia pelle.

P.S. Ogni onda è unica e trova sempre, con naturalezza, uno spazio nel quale adagiarsi. Riempiendolo di spuma e forza. Basta non mettere barriere.

Occhi di ragazza

Occhi di ragazza – San Fruttuoso di Camogli – Agosto 2006

Oggi il mio mare è nell’iride degli occhi tuoi, ragazza.

Occhi fluidi come gocce di pioggia

che rotolano lungo le nervature di una foglia d’acero

liberando, al mondo, tutta l’essenza di te.

Per magia, proprio nel momento in cui ho inserito questa immagine fresca di poche ore, la mia musica random ha suonato le note di questa canzone.

Occhi di ragazza (1970)

Occhi di ragazza, quanti cieli, quanti mari che m’aspettano

Occhi di ragazza, se vi guardo, vedo i sogni che farò

Partiremo insieme per un viaggio per città che non conosco

Quante primavere che verranno, che felici ci faranno

Sono già negli occhi tuoi

Occhi di ragazza, io vi parlo coi silenzi dell’amore

E riesco a dire tante cose che la bocca non dirà

Quando ti risvegli la mattina, tutto il sole nei tuoi occhi

Quando si fa notte nella notte dei tuoi occhi

C’è una luce che mi porta fino a te

Un giorno in loro scoprirò

Quello che tu nasconderai

Occhi di ragazza, questo viaggio prima o poi, sarà finito

Una spiaggia vuota senza mare, io dovrò vedere in voi

Occhi di ragazza, quanto male vi farete perdonare

L’acqua di una lacrima d’addio sarà l’ultimo regalo

Che da voi riceverò

L’acqua di una lacrima d’addio sarà l’ultimo regalo

Che da voi riceverò

di Gianfranco Baldazzi, Sergio Bardotti e Lucio Dalla

Alla loro spontanea acutezza nel guardare dentro i miei fondali,

alle volte di non facile interpretazione.

Alle carezze del loro sguardo, generoso di attenzioni, per me. Mandilli de sea.

A te, meravigliosa cacciatrice di emozioni,

che ha imparato a vivere il dolore, la gioia senza freni, la vida, con eguale ed intensa passione.

A te, amica speciale, che hai accolto il mio respiro nel tuo sguardo, senza paura.

A Giacomo

Si, la perfezione esiste. C’è perfezione negli occhi di Giacomo e nella forza immensa che mi accorgo di ricevere ogni volta che abbraccio quel suo sguardo che mi sbrindella il cuore.

A lui vorrei regalare queste righe, sperando che, un giorno, possa leggerle. A lui, nipote adorato, voglio dire, innanzi tutto, che qualsiasi cosa potrà accadere, io mai lo abbandonerò. Che lo proteggerò, a costo di morire, contro i temporali, gli orchi ed ogni genere di mangiafuoco. Che credo e crederò sempre in lui. Che tutte le volte nelle quali si vestirà di debolezza, di timidezza, di complessi, avrà sempre la mia mano pronta a riscaldarlo ed a raccontargli che ciò che conta di più è essere. Non l’apparire. Che, quando mi racconterà le sue avventure e si aggrapperà a me per avere la mia attenzione, io ci sarò. Ad ascoltarlo. Che dovrà mai aver paura di qualcuno o di qualcosa che non sia oggettivamente pericolsa. Che gli vorrò sempre un mare di bene e mai tradirò la sua fiducia. Che le parole ed i pensieri sono nulla senza le azioni. Che la perfezione esiste ed è la strada dei propri desideri.

Che in lui, ora più che mai, io rivedo me, da piccolo.

Ho voglia

Bana 2006 – Pergolato e desideri

Momenti di vita presente. Viaggio nelle parole. Sensazioni confuse nella pianificazione puntigliosa di un appuntamento che canalizza le mie attenzioni. Dormiveglia. Tanta voglia di pelle-pelle. Di umide idee. Gocce che cadono. Bicchieri colmi di racconti. Vuoti di solitudine annegata nell’ironia di destini alla deriva. E grilli, tanti, da far girare la testa.

C’è questo e molto altro nell’io che si impadronisce di me. Che mi stuzzica e si diverte a lanciare biglie a ripetizione dentro il percorso delle mie aspirazioni. Un flipper quasi arruginito. Ecco come mi sento.

Apaticamente immobile scrivo perchè non so che fare. Nella sala d’attesa del nostro incontro sposto le sedie tanto per. Cerco una luce nuova, più tenue, all’ombra della quale fumare qualche sigaretta e fissare le nuvole oltre la collina. Per trovare una risposta. Una birra. Un’altra. Due spiedini appagano la mia fame di novità. Mi alzo. Per guardare in fondo ai miei desideri. Che mi parlano un alfabeto sconosciuto. Da decifrare.

Allora prendo la moto. Gomme nuove, morbide per accarezzare il ruvido con le ginocchia. E parto, accellerando nella penombra della notte incombente sull’Aurelia. Dipano, svegliato dal fresco addosso, qualche nodo della matassa. E rivedo, immagini sfocate di verde e blu, un faro. A cui approdai due anni fa. Ustica. È li che voglio tornare. Questa volta non a vela. Vedo l’alba e due braccia che aprono una finestra sull’infinito. Aspiro forte ed ascolto il richiamo della libertà. Del mare da conoscere ed in cui rispecchiarmi. Sento quelle braccia, calde di luce, cingermi la schiena.

Riapro gli occhi e quel pergolato, tetto al mio inchiostro, è lo stesso che avevo sognato una notte, nella nostra capanna di Ustica. Dentro fiumi di noi. Fuori solo il mare.

Ho voglia.

Ustica 2002 – Faro di Punta Cavazzi

Vento magica corrente

In questi giorni di lavoro sottotono c’è, sulla mia pelle, credo particolarmente condivisa da molte persone (ma và!), una voglia di viaggio e scoperta che, da parecchio tempo, non sentivo così assillante. Sto, quindi, predispondendo sul tavolo le mappe di luoghi mai visti o che mi piacerebbe riesplorare con stimoli nuovi.

Quello che credo non macherà, in questa estate di vacanze a venire, sarà il vento. Un elemento senza il quale mi sentirei perso.

A suggerirmi la rotta.

A trascinarmi dentro i suoi percorsi, ora distesi, ora tesi.

A graffiare la mia pelle sino alla percezione di arsura.

A gonfiare la mia mente nel meraviglioso passatempo della comunicazione.

Il vento, sempre nuovo, anche se di nome non muta.

Il vento, musica da assecondare fino ad un certo limite. Il limite oltre il quale la sensazione di dimistichezza si trasforma nella delusione per l’incomprensibile.

Non puoi domare il vento. Al massimo puoi carpirne i segreti ed allearti con esso, in un complice e lascivo annullamento dei freni.

Inibitori sono i suoi mulinelli sottocosta, ad incanalarlo in percorsi di difficile interpretazione. Gineprai profumati eppure pericolosi come eoliche illusioni.

Al largo, al largo!

Vento, amato vento, mostrami la via. Regalami un’estate di magica corrente. Di estasi senza bonaccia. Di freschi respiri con i quali danzare a perdifiato.

E veleggiar mi sarà dolce in questo vento.

Cocktail de vida

Per ascoltare… PLAY!

Metti una sera,

tra amici carissimi,

camminando lungo un caruggio,

riempito dal profumo delle corde di chitarra

che ci attirano, calamita di promesse sincere.

Metti, poi, che il concerto più bello

a cui abbia mai partecipato,

sorpresa tra i tavoli di un’osteria da quattro soldi,

è pagato soltanto coi sorrisi

che scorrono tra sorsate di vin giancu e birra.

Metti che tutto questo è

condito da un abbraccio che parla

più di mille parole

e che le note e le ore fluttuano

senza ricordarsi del domani.

Metti tutto questo in pentola,

ridi e mescola,

mescola e ridi,

ubriacatene senza paura di star bene

ed otterrai il cocktail più afrodisiaco che la vita possa offrire.