Ri-co-no-sce-re/nza

Grazie a te © 2007

Vi sono parole per le quali, nel vocabolario della vita, le convenienze e l’egoismo possono offrire traduzioni diverse. Ce n’è una, “ri-co-nó-sce-re”, che, per me, è cristallina circa il suo significato. È un verbo che esprime nettezza, funziona molto meglio di pancia e senza l’utilizzo di filtri.

Sinonimi: ammettere, distinguere, individuare, capire, dichiarare, apprezzare, dare atto.

Contrari: confondere, disconoscere, misconoscere, negare, dimenticare, contestare.

Da questo verbo deriva un sostantivo: “ri-co-no-scèn-za”. Vuol dire reagire con gratitudine, concreta e senza appannamenti d’orgoglio, ad ogni azione che ci viene manifestata senza altri fini se non quello di donarci qualcosa di se’ a prescindere dalle conseguenze. Questa parola meriterebbe un post-it di un metro quadro da appicicarsi sulla superficie di ogni specchio.

Ecco, io oggi mi riprometto di guardare un po’ più su, sopra le convenienze e l’egoismo. Di imparare a sottolineare senza alcuna timidezza la mia riconoscenza. Qui lo scrivo ed in queste parole vorrei specchiarmi tra cent’anni, poffarbacco.

Grazie a chi si è preso la briga di navigare oltre le mie parole ed i miei gesti e lo ha fatto non solo per appagare una propria necessità. Io lo conosco due volte.

Grazie a te.

Genesi

Genesi © 2007

Oggi ho ripreso a fotografare. Nuovamente.

Fotografare è, per me, un po’ come rinascere alla vita. È il segno tangibile della curiosità che avviluppa il mio sguardo nella ricerca di bellezza ed azioni normali da fermare. Dentro!

Via la pornografia dei sentimenti, le ragnatele di parole e le nausee di cuore. Fuori!

Oggi c’è, in me, nuovo spazio d’amore.

Tutto qui. È già tutto qui.

Ho proprio voglia di infilare nuovamente il dito nella marmellata e nella vita.

Eccomi. Io ballo nudo e respiro mare, geneticamente. Come sempre, belin!

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grazie.

E poi

Insieme, al mare © 2007

E poi.

E, poi, alla fine, dopo le prime ferite mendicate alla bene e meglio dentro una sottile linea di silenzio, rimane. Rimane. Rimane, oltre ogni orizzonte, solo una grande nostalgia. Ed una calma, apparente, di note. Sorda. Che mi strugge, lasciandomi senza danza.

Senza guardarsi negli occhi

Il dolore sboccia piano, stasera. È una lacrima rossa di passione che scorre lungo la collina del mio zigomo e si frastaglia, evaporando, infine, sulla vallata accanto al mio labbro. Asciuga il sogno di un nuovo mondo appena iniziato ad esploarare ed immortalato attraverso la caleidoscopica lente del mio 17-35 mm. Un mondo soffiato di primavera e sabbia tra le mani. Di entusiasmo frenetico nelle parole che descrivevano, fino a pochi germogli di tempo fa, del suo credere in me. A prescindere. E dei suoi mi manchi. Poi succede. È successo. Come sempre. A tradimento e senza guardarsi negli occhi. Che la paura trafiggesse la primavera. Ed eccolo, l’inverno, buio e senz’aria, che ricopre le mie dita e le invecchia di cent’anni. E con l’inverno è arrivato, a braccetto, anche il silenzio. Il più acidamente efficace tra i medicamenti per arginare greggi di parole senza azioni. Parole scritte che vorrebbero scavare per raccogliere i fiori dell’anima ed, invece, sono infettate dal germe del dubbio. Gi occhi parlerebbero. Le mani parlerebbero. Perfino il cuore lo farebbe. Capirei. Avrei.

Eppure c’erano stelline di mare, tra le sue mani. Mi avevano sussurrato che, quest’anno, la primavera sarebbe durata anche d’inverno. Avevo creduto loro ed al divenire delle sue parole. Ma queste guardavano solo ai suoi occhi. Senza orologio mi abbandono al suo abbandono per corrispondenza.

C’è

© 2006

C’è un momento per le parole, distillate dall’intreccio dei pensieri che ci rapiscono, ed uno per gli strati d’animo da esternare senza valutarne le conseguenze. C’è che ho una forte necessità di parlarti e non sempre trovo le frasi che la mia fantasia vorrebbe scolpire per te. Ma so che non è importante se vi riesco perchè so che per te non è fondamentale la fine ma soltanto la genesi del movimento.

C’è, ritmica, l’evoluzione, respiro dopo respiro, di ciò che siamo ed è forse per questa che, talvolta, è più difficile percepirci appieno. Magari accade quando siamo stanchi e restiamo ancorati all’immagine precedente di noi. Oppure quando la nostra concentrazione si sposta dal centro presente verso alcune domande che ci sfiorano senza trovare pace in risposte assolute. C’è un vuoto che ritorna, ineluttabile, come la fame, dopo ogni scorpacciata di emozioni e focaccia. È normale. Il senso lo ritroviamo quando ci mettiamo in ascolto dell’origine delle nostre voci oppure quando, spogliandoci, ci trasformiamo in un abbraccio.

C’è commozione se chiudo gli occhi e ti rivedo tracciare, con un bastone sulla sabbia, il tuo io ondulatorio. C’è il tuo odore dentro i chiari ed i blu delle mie fotografie che dipingono i molti volti dell’essenza di te. Dubbi compresi. C’è l’appagamento delle mie mani quando ti accarezzano. C’è che non è necessario andare lontano per sentirsi più vicini. C’è, principessa, una sonata da ascoltare insieme. Presto, molto presto. Con sorpresa. C’è il senso di casa nelle orme dei tuoi passi di fianco al mio mare che tenta di interpretare la sospesa armonia di te. C’è il tuo sguardo, che mai si ferma di esplorare.

C’è, sopra il tutto, ciò che mi stai insegnando con la grazia pizzicante che ti contraddistingue: la ricerca dell’autenticità. Anche nei miei momenti di fragilità, tesoro, so che stai attenta a scorgerla. La tua io la fotografo in ogni goccia di te. C’è questo e altro nella crescente comprensione di noi.

Senza neppure un pensiero

Olanda © 1998

Non c’è bisogno di andare a Dakar

o a Macau o ancora a Helsinky,

non serve cercare altrove

ciò che c’è già qui.

C’è tutto dappertutto.

Ci sono sempre luoghi

che sanno aspettare,

basta vederli.

Il motivo per cui

a volte

non si riescano a scorgere

è qualcosa che sfugge.

Forse servirebbe non fare niente,

neppure un gesto,

servirebbe esistere per un attimo

senza neppure un pensiero.

Cristina Vannini Parenti

Nel tuo danzare di parole in vorticoso divenire, in punta di dita, mi hai regalato momenti di poesia si coinvolgenti da desiderarne ancora a grappoli, stagione dopo stagione. Momenti di limpida comunicazione che rinfresca in me stimoli di nuova scrittura. Grazie Titti, amica mia, della tua curiosità. Senza neppure un pensiero, due negroni, per favore, barman, e brindiamo alle prossime onde che ci stupiranno.

Grazie

44 – © Dicembre 2006

In fila per tre col resto di due.

Un compleanno più meraviglioso di questo non potevo desiderarlo. Grazie, amore mio, per tutte le attenzioni che mi stai regalando. Queste tue fiammelle di vita vorrei mi riscaldassero molto a lungo, farfalle fiammeggianti di spontanea passione corrisposta. Ti guardo, ora, mentre stai riposando al mio fianco e sento di voler amare e proteggere i tuoi sogni. Zitto, ti bacio. Si.