
è.
è.
La vita non ti dà mai una sola possibilità. Vero. Ci sono le probabilità e gli imprevisti. Ed i dadi, da lanciare ogni giorno. Pronti, se è il caso, a saltare per fermarsi un momento, solo, nella stanza dell’ascolto e senza passare dal via. Per poi riemergere in una nuova casella e ripartire. Verso.
Io tendo ad inseguire un’ideale, a lottare per qualcosa, per qualcuno, per me stesso. Accade ogni giorno, ogni secondo, nel divenire del tempo. Quando muovo l’anima alla ricerca della magica essenza della vita. Mi muovo piano piano e avanzo, tento di saltare oltre le mie naturali diffidenze per aprirmi alle emozioni. Verso l’esplorazione del bello che c’è in me. Verso l’ideale che perseguo. Verso.
E, quando l’ideale è alla mia portata sono pervaso, come ora, di nuova ed unica musica einaudiana. Il dottore, in questi casi, mi intima di non cambiare spacciatore. Non subito, almeno. Mi consiglia, sulla prescrizione, di abbandonarmi, di lasciarmi venire, di non fermarmi e, anzi, di tentare di raggiungerlo, l’ideale. E non importa se e quanto durerà.
Leggo, leggo, leggo. Più leggo e più vi leggerei. Penetro nelle vostre vite e, come farfalla, me ne approprio innamorandomene. Poi divento bozzolo e tutto svanisce lo spazio di un battito di mouse. Il dottore dice che non è grave. Passerà.
Valeria, sto guardando le foto del servizio. Ne ho visto circa la metà ma già ho capito. Il sole del tuo sorriso è l’origine di un capolavoro ed io il suo artista. Presuntuoso ma sicuro. Che senza averti incontrato mai avrei trovato la purezza che si riflette nelle immagini del Santa Tecla. Una sirena o, ancor meglio, una Madonna, emersa dallo Jonio, tu hai tirato fuori il meglio di me. Le mie dolcezze e l’amore verso il mondo che sto provando in questo periodo segnato da gioia mista alla tristezza che, probabilmente, non ci rincontreremo e, se accadrà, sarà solo per un attimo fuggente, una tenera brezza di mare che si poserà per un istante sulla mia fronte madida e mi rinfrescherà di vera e tenera amicizia.
Grazie tesoro.
Mik
E’ piacevole…
Risvegliarsi una domenica mattina, alquanto intontito dai troppi funghi e dal troppo vino della sera prima. Bere un caffè con due pasticcini avanzati, contare i piatti accatastati e sbirciare le macchie di sugo dipinte qua e là a ricordarmi che nella notte non è passata la fatina del pulito a restiture magicamente alla cucina il candore pregresso.
Buttare la testa sotto il lavandino. Mettere la colonna sonora di Forrest Gump a volume 10. Respirare a fondo il mare se pure con un leggero mal di stomaco.
Capire a singhiozzo gli sms che mi dicono “Ci si immerge” e poi “Forse no” e poi “Chiama il club subacqueo” e poi “Il mare pare mettersi al buono” e poi “Dietro-front: tutto annullato”.
Accendere il Mac e leggere qualche messaggio, leggere nuovi frammenti di vita dipinti con le parole dei blog più recenti. Rubare emozioni altrui e chiedersi se succede la stessa cosa con le mie.
Accorgersi, d’un tratto, che la domenica mattina se n’è già andata via e, decisamente, non ha lasciato un segno indelebile nella mia vita.
E’ tutto piacevole. Ma, non so mica, Mik, se piacevole sia uno stato di cui accontentarsi oppure.. se piacevole, al contrario, sia uno status privilegiato se paragonato alla sfiga di chi, al mondo, se la passa decisamente maluccio. Diciamo… di merda.
Ogni giorno, appena sveglio, faccio un bilancino della mia vita.
Da un lato mi vergogno di quanto ho avuto, delle fortune eccezionali accadutemi e neanche troppo meritate, del fatto che, in famiglia, stanno tutti benone, che anche oggi avrò un tetto per dormire ed un boccone da mangiare, della enorme libertà che ho, degli Amici su cui contare e degli oggetti che possiedo. Rifletto sui lussi e le ricchezze che la vita mi ha regalato paragonandoli alle sfortune nelle quali sono impelagati i più. Quelle vere di sfortune. Me ne vergogno e faccio abbastanza poco per riparare a questo torto che crea un buco nella mia coscienza. Egoisticamente ci convivo. Penso che la vita sia un grande monopoli e che… blabla.
Dall’altro lato, al contrario, penso che tutto sia relativo. Che non devo paragonare la mia vita a quella di persone che sono nate e vivono in contesti completamente diversi dal mio. Che potrei stare meglio. Che, quando qualcuno mi domanda come sto, non devo sempre e per forza rispondere “benissimo, grazie”. E che scrivo sopratutto per autoterapia, perchè mi sembra che non ci sia un modo migliore di vivere che quello nel quale tento di esprimere le mie emozioni sperando di riuscirle a comunicare e sperando, parimenti, di allontanare le mie paure. Ovviamente c’è un modo ancora migliore di vivere: non pensare. Dirigere la vita con l’istinto e con l’innocenza pura di bambino. Con la dolcezza che è una qualità impossibile da costruire a tavolino. Sgorga spontaneamente.
Anche se non piace ammetterlo… io penso. Ed il pensiero imbastardisce le sensazioni. Col pensiero nascono le paturnie, come quelle di questa domenica mattina, paturnie che mi fanno godere meno di quanto potrei e dovrei. A quest’ora avrei dovuto essere sott’acqua a respirare stelle marine ed invece sono qua a tirar fuori le viscere dallo stomaco. Sono qua nella mia stanza segreta anche se le sue pareti sono di cristallo. Cerco di mettere ordine dentro gli atomi entropicamente sgarbugliati della mia mente. A farmi seghe mentali come una donna.
Perchè una donna non ce l’ho. Una donna a cui rimproverare tale perversione. Ne ho tante e nessuna. Nessuna veramente che (povero piccino da consolare…) mi ami per quello che sono. Ecchi cazzo sono? Alle 15 e 39 di una domenica ex-mattina me lo chiedo con grande insicurezza decisamente celata al mondo reale. E non sono neanche troppo certo che quello che mi manca sia l’amore. L’amore tanto vissuto, decantato, invocato sulle pagine di voi che leggete. Talvolta nascosto dietro merlettati giri di poesie.
Penso.
Sarà l’amore che mi manca? Oppure, più verosimilmente, una complice che mi sostenga, che mi dica sei grande. Che mi prepari la colazione la domenica mattina. Che mi illuda di essere importante per lei e che gonfi a dismisura il mio ego e giustifichi la mia presunzione. Che sotterri le mie debolezze, i miei complessi, le mie bassezze. Che si dimentichi di mettere il tappo al tubetto del dentifricio. Che pianga e rida solo per me. Che mi esseemmeessi mi manchi. Che mi dica sei bellissimo. Che mi racconti, senza che l’ascolti veramente, la sua giornata. Che mi seduca e mi appassioni nelle notti altrimenti sole. Che. Che cazzo dico?
Dopo avere scritto questa sfilza di pensieri-seghette mentali mi fermo qualche minuto e medito. Provo a non pensare ma a sentire. Solo sentire.
Sento. Ecco!
Sento che è proprio l’amore che mi manca. Non le robe di cui ho scritto poc’anzi. Mi manca, semplicemente, emozionarCI, respirarCI, goderCI, sopra tutto sorpenderCI una donna-donna ed io-io.
Tante parole per esprimere un concettino così banale. Missà che i funghi della sera prima fossero un tantino allucinogeni! Ora che l’effetto è passato mi sento decisamente meglio. O sarà perchè ho scritto? Comunque sia buona domenica a tutti, belli e brutti.
N.d.R.M. 1 Io non so se sono riuscito ad esprimermi bene in questo pezzo. Non per tutti, almeno. Mea culpa. E’ possibile fare confusione ed allora preciso.
No. 1) E’ l’amore che mi manca. Non una complice che mi sostenga, le colazioni a letto e tutte quelle robe-cazzate. Chiaro, eh?
No. 2) Non mi piace il pensiero, il pensare. Quando, nel discorso, dico penso intendo dare al periodo che segue un’accezione decisamente negativa. Al contrario amo l’istintività del sentire. Chiaro, eh?
No. 3) Non cè il numero 3.
N.d.R.M. 2 E’ così difficile spiegarmi? Una cosa è l’amore. Un’altra sono le conseguenze, manifestazioni, prove dell’amore che possono anche essere piacevolissime. Ma NON vanno confusi, appunto, l’AMORE e LE CONSEGUENZE DELL’AMORE, a mio parere. Tutto qui.
Insomma… non ci si può illudere di avere l’amore solo perchè qualcuno ci gratifica…
Come stasera mi ha suggerito qualcuno, in maniera eccelsa:
AMORE: quando tu stesso non esisti più! e pur ti senti vivo nella contemporanea coesistenza di gioia e dolore….
Estremamente attratto
dalle emozioni estreme,
dalle persone estreme,
dalle onde estreme.
Quando queste si calmano mi piace concentrarmi sulla bellezza dei particolari come il centro di una estrella.
Swashhhhhndrrrrrr ringhia e borrrrrrbotta il moto-re alla sua accensione
Do aria tolgo aria stringo le coscie attorno al serbatoio
Allaccio il casco stretto e indosso guanti e giaccadipelle per sentirmi un Valentino
Gaso-sgaso, il battito aumenta e nella notte sfreccia la mia Hornet
Come un’honda anomala spezza il regolare flusso d’asfalto bagnasciutto
La piega si fa in tensione goniometricamente sottile ed artisticamente pennellata
Veloce imbocco un’altra curva più larga e più dolce ed il ritmo è di con-gas
Godo come un matto, vado su di giri e mi prendo anche un po’ di spago
Adrenalina a mille a cento all’ora scalo accellero freno riaccellero e poi sorpasso
Sfreccio nel buio inseguendo il faro-fascio di luce per fuggire coi pensieri sempre più lontanooo
Respiro ed inspiro e poi, rallentando, guardo il soffitto di stelle comete non c’è nessuna
E’ zen la motocicletta, è zen l’emozione ed il viaggio senza paura per le strade di Zena
Meravigliosa serata organizzata da SubAssai. Trascorsa con la giovane biologa Sandra che ci ha illustrato la vita di alcune stupefacenti creature marine presenti nei nostri fondali del Promontorio di Portofino, animali e vegetali dalle curiose abitudini. L’ha fatto con una tale passione, mimica e verbale, che la mia prima attività, appena rientrato, è stata di immergermi nuovamente nel mondomarino per ritrovare nomi di invertebrati e pesci mai sentiti prima d’oggi.
C’era poi… il vecchio lupo di sottomare Franco che ci ammaliava con le sue incredibili avventure vissute a molte leghe sotto il L.D.M. e mi ha insegnato molti trucchi ed offerto consigli al fine di migliorare le mie scarse capacità subacquee. Grazie.
Alba, Sivio, Mara, Enrico, Antonella, Cristina, sono i nuovi amici con i quali ho iniziato a condividere l’amore e la salvaguardia di fratello mare, vissuto in maniera capovolta. Un mondo nuovo, quello che si svolge lontano dagli occhi dei più e che non conoscevo. Un pianeta fatto di silenzi assoluti nei quali l’unica cosa che odi è il tuo respiro, di mancanza di gravità e libertà di movimento. Dove l’equilibrio è la legge che tutto determina.
E domenica prossima, per fortuna, mi immergerò davvero. A 18 metri di profondità dentro me stesso per capire qualcosa di più della sostanza della quale sono per lo più costituito e nella quale ho vissuto i miei primi nove mesi di vita. Sarà per questo che desidero ritornare al mare?
Oltre le onde, nel profondo blu mi tuffo. Per aMARE.
Stasera vedrò, spero, bellissimi filmati subacquei che mi spingeranno ancora di più nel profondo della ricerca che sto compiendo. E’ ora di uscire. Di immergermi. Di immagimare.