In punta di piedi

🙂 © 2008

In punta di piedi mi appropinquo verso l’uscio per provare a varcarlo.

Mi fermo. Faccio un passo in avanti e due indietro. Dirigo lo sguardo verso il citofono. È muto. Mi avvicino al telefono. È sordo. Torno al computer ma riesco ad estrarne niente a parte la percezione di una ragnatela di vite in parte irreali. Molto voluttuose. Poco propense. Alquanto immaginifiche.

La porta è lontana, ora. Mi rimetto in piedi e riprovo a muovermi, poi a camminare, infine a correre. Niente. L’uscio pare serrato da mille mandate e dietro ad esso vedo una cinta altissima. Impossibile da scavalcare.

Accendo la tivù. C’è gente dentro. C’è un oceano di gente anche di fuori. Spengo tutto: la scatola, il computer, la mente e tento, per l’ultima volta, di afferrare le chiavi del mondo per oltrepassare lo zerbino.

Mi fermo. Rinuncio. Mi siedo un secondo dopo sul parquet che pare il ponte di una nave. Chiudo gli occhi e navigo nel silenzio più totale. Per ore, nella calma consapevolezza che i sogni non possono morire.

In punta di dita si aprono le mie ali. Mi spiegherò.

8 Replies to “In punta di piedi”

  1. Ci sono parentesi che si aprono, nel mezzo storie intere si snodano, camminano, respirano, dormono, vivono, muoiono.

    La nostra esistenza è fatta di parentesi, la nostra esistenza è fra parentesi.

    Si aprono comode e tonde come madri comprensive, o quadre rigide e prioritarie, come tasse in scadenza. O si disegnano eleganti come graffe abusate, quando anche un paio di virgole farebbero al caso e basterebbero a separare, a distinguere.

    Eppure ci servono. Sono funzionali, utili, necessarie.

    Portano ossigeno nel vuoto spinto delle nostre gallerie del vento solitarie.

    Quando si pensa alla propria finitezza viene da aprire le finestre e lasciare entrare tutto quello che arriva.

    Anche se di sotto, al portone, si incontrasse l’ultima parentesi. Anche quella toccherebbe aspettare di poterla chiudere.

    Ciascuno di noi è nel frattempo la vita.

Lascia un commento